Senato della Repubblica - 4-04885 – Interrogazione sul porto di Trieste e le condizioni di extraterritorialità doganale.

Senato della Repubblica - 4-04885 – Interrogazione a risposta scritta presentata il 17 febbraio 2021.

 - Ai Ministri dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che:

il porto di Trieste ha usufruito di prerogative giuridiche particolari, che lo hanno reso, sin da epoche precedenti all'Impero austro-ungarico, un luogo geograficamente strategico, deputato ad essere un centro nevralgico del commercio marittimo internazionale;

il porto franco di Trieste va inteso, attualmente, come somma dei cinque diversi "punti franchi" che ne fanno parte, ossia il punto franco Vecchio, il punto franco Nuovo, il terminal del legname, il terminal industriale e il terminal petroli, quest'ultimo a servire direttamente l'oleodotto transalpino Trieste-Ingolstadt, con una capacità di oltre 40 milioni di tonnellate annue;

l'intera area è gestita dall'Autorità di sistema portuale (AdSP) del mare Adriatico orientale e costituisce attualmente il primo hub in Italia per movimentazione totale di merci e il primo terminal petrolifero dell'intero mare Mediterraneo, riconosciuto internazionalmente per la varietà di collegamenti e possibilità di sviluppo, che offre all'interno delle prerogative di un unico soggetto amministratore;

il porto triestino è considerato zona franca in base a quanto stabilito dall'allegato VIII del trattato di pace sottoscritto a Parigi il 10 febbraio 1947 e reso esecutivo con decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 28 novembre 1947, n. 1430;

questa natura eccezionale è stata confermata nel tempo dal memorandum di Londra del 1954, dai decreti commissariali 19 gennaio 1955, n. 29, e 23 dicembre 1959, n. 53, e, infine, dalla legge 28 gennaio 1994, n. 84, recante il riordino della legislazione in materia portuale;

inoltre, il decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, ha sancito, all'articolo 169, che per i punti franchi compresi nella zona del porto franco di Trieste restano ferme le vigenti disposizioni, facendo espresso riferimento alle "disposizioni più favorevoli";

per ultimo, il regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio del 12 ottobre 1992, che ha istituito il codice doganale comunitario, specifica all'articolo 2, paragrafo 1, che le disposizioni si applicano "Salvo disposizioni contrarie stabilite da convenzioni internazionali";

finalmente, con decreto attuativo del 13 luglio 2017, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha riconosciuto il particolare status del porto franco di Trieste, che deve rappresentare un unicum per la rilevanza strategica e il ruolo che ricopre per gli interessi commerciali italiani e continentali;

attualmente il porto franco di Trieste risulta inserito nella lista di oltre 70 punti franchi all'interno dell'area doganale comunitaria, in cui sono ammesse le attività di trasformazione industriale, ma che, facendo parte del territorio doganale, vedono rientrare tutte le attività, comprese quelle di trasformazione industriale, all'interno della normativa comunitaria;

quest'ultima è decisamente più limitante, soprattutto in termini di garanzie doganali, burocrazia e tempistiche di deposito, rispetto allo status internazionale che spetterebbe al porto giuliano. In base alla normativa internazionale, infatti, il porto franco di Trieste dovrebbe prevedere le condizioni migliori possibili già internazionalmente riconosciute, e cioè quelle previste per una ristretta lista di zone franche che fanno parte del territorio geofisico comunitario ma, al tempo stesso, non rientrano nel suo territorio doganale. Questi territori sono caratterizzati, cioè, da una condizione definita di "extraterritorialità doganale" e un esempio lo sono sia le città autonome spagnole di Ceuta e Melilla che la Polinesia francese;

ciò non è ad oggi avvenuto perché, come già precisato dal presidente dell'AdSP del mare Adriatico orientale, Zeno D'Agostino, il Governo italiano, nelle prerogative del Ministero dell'economia e delle finanze, non avrebbe ancora dato comunicazione alle autorità europee dello speciale status del porto di Trieste già riconosciuto dalla normativa internazionale;

di conseguenza, il porto franco di Trieste non gode delle migliori condizioni possibili che gli spetterebbero in base ai trattati internazionali e non rientra nella ristretta lista citata, con conseguenti enormi limitazioni per le imprese e le attività produttive e nocumento allo sviluppo economico del capoluogo giuliano e di tutto il Paese;

l'extraterritorialità doganale del porto franco di Trieste costituirebbe un unicum nel Mediterraneo e un approdo strategico del commercio internazionale, come quello legato alla "nuova Via della seta" ("Belt and road initiative"), garantendo all'Italia una competitività impareggiabile con rotte di oltre 2.000 miglia nautiche più brevi rispetto a quelle dei principali porti europei di Rotterdam, Anversa e Amburgo,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti;

se intendano porre rimedio alle inaccettabili omissioni, che per anni hanno impedito al porto franco di Trieste di godere delle migliori condizioni doganali possibili, così come sancito dai trattati internazionali e fare in modo che, finalmente e in via definitiva, venga inserito nella lista di quei luoghi facenti parte del territorio geofisico comunitario e con una condizione di extraterritorialità doganale.

(4-04885)

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