Bozza decreto anti delocalizzazioni - Agosto 2021 - Superata

ARTICOLO 1
(Finalità e ambito di applicazione)
1. Al fine di garantire la salvaguardia del tessuto occupazionale e produttivo, le disposizioni di cui alla
presente legge si applicano alle imprese che al 1° gennaio dell’anno in corso occupano almeno 250
dipendenti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e che intendono procedere alla
chiusura di un sito produttivo situato nel territorio nazionale con cessazione definitiva dell’attività per
ragioni non determinate da squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne renda probabile la crisi o
l’insolvenza.
 
ARTICOLO 2
(Obblighi di informazione preventiva)
1. L’impresa di cui all’articolo 1 è tenuta a dare comunicazione per iscritto del progetto di chiusura del sito
produttivo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al Ministero dello sviluppo economico, all’Agenzia
nazionale per le politiche attive, alla regione in cui è situato il sito produttivo e alle rappresentanze sindacali
aziendali costituite a norma dell'articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, nonché alle rispettive
associazioni di categoria. In mancanza delle predette rappresentanze la comunicazione deve essere
effettuata alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul
piano nazionale. La comunicazione alle associazioni di categoria può essere effettuata per il tramite
dell'associazione dei datori di lavoro alla quale l'impresa aderisce o conferisce mandato.
2. Fermo restando quanto previsto all’articolo 3, la comunicazione preventiva indica le ragioni economiche,
finanziarie, tecniche o organizzative del progetto di chiusura, il numero e i profili professionali del personale
occupato e il termine entro cui è prevista la chiusura.
3. La comunicazione di cui al comma 1 è effettuata prima dell’eventuale avvio della procedura di
licenziamento collettivo ai sensi della legge 23 luglio 1991, n. 223.
 
ARTICOLO 3
(Piano di mitigazione delle ricadute occupazionali ed economiche connesse alla chiusura)
1. Entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione di cui all’articolo 2, l’impresa presenta alla
struttura per la crisi d’impresa istituita dall’articolo 1, comma 852, della legge 27 dicembre 2006, n. 296
presso il Ministero dello sviluppo economico un piano per limitare le ricadute occupazionali ed economiche
derivanti dalla chiusura del sito produttivo.
2. Il piano di cui al comma 1 indica:
a) le azioni programmate per la salvaguardia dei livelli occupazionali e gli interventi per la gestione non
traumatica dei possibili esuberi, quali la ricollocazione presso altra impresa, le misure di politica attiva del
lavoro, quali servizi di orientamento, assistenza alla ricollocazione, formazione e riqualificazione
professionale, finalizzati alla rioccupazione o all’autoimpiego;
b) le prospettive di cessione dell’azienda o dei compendi aziendali con finalità di continuazione dell’attività,
anche mediante cessione dell’azienda, o di suoi rami, ai lavoratori o a cooperative da essi costituite;
c) gli eventuali progetti di riconversione del sito produttivo, anche per finalità socio-culturali a favore del
territorio interessato;
d) i tempi, le fasi e le modalità di attuazione delle azioni previste.
3. Per l’elaborazione e l’attuazione del piano, l’impresa può avvalersi di soggetti specializzati in materia di
gestione aziendale, ricerca e attrazione di investimenti, politiche finanziarie e fiscali e di progettazione
nell’ambito dei programmi di finanziamento europei, nazionali o regionali.
 
ARTICOLO 4
(Esame e approvazione del piano)
1. La struttura per la crisi d’impresa, entro trenta giorni dalla presentazione del piano, convoca l’impresa per
l’esame e la discussione del piano, con la partecipazione dell’ANPAL, della regione e delle organizzazioni
sindacali di cui all’articolo 2, comma 1.
2. La struttura per la crisi d’impresa conclude l’esame del piano entro trenta giorni dalla sua presentazione.
Il termine per la conclusione dell’esame può essere prorogato di trenta giorni con l’accordo di tutte le parti.
3. La struttura per la crisi d’impresa, sentite le organizzazioni sindacali e l’Anpal, approva il piano qualora
dall’esame complessivo delle azioni in esso contenute risultino sufficienti garanzie di salvaguardia dei livelli
occupazionali o di rapida cessione dei compendi aziendali. Con l’approvazione del piano, l’impresa assume
l’impegno di realizzare le azioni in esso contenute nei tempi e con le modalità programmate e a effettuare le
comunicazioni previste ai fini del monitoraggio di cui all’articolo 5.
4. La procedura di licenziamento collettivo ai sensi della legge 23 luglio 1991, n. 223 non può essere avviata
prima della conclusione dell’esame del piano.
5. Qualora l’impresa non presenti il piano entro il termine di cui all’articolo 3, comma 1, o la struttura per la
crisi d’impresa non lo approvi, l’impresa che avvia la procedura di licenziamento collettivo ai sensi della
legge 23 luglio 1991, n. 223, come conseguenza della chiusura del sito produttivo, è tenuta a pagare il
contributo di cui all’articolo 2, comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92 in misura incrementata di dieci
volte.
6. Nelle ipotesi di cui al comma 5, l’impresa dà evidenza della mancata presentazione del piano o della sua
mancata approvazione nella dichiarazione di carattere non finanziario di cui al decreto legislativo 30
dicembre 2016, n. 254.
7. Nelle medesime ipotesi di cui al comma 5, all’impresa è altresì precluso l’accesso a contributi,
finanziamenti o sovvenzioni pubbliche comunque denominate per un periodo di cinque anni dalla data di
scadenza del termine per la presentazione del piano di cui all’articolo 3, comma 1, o dalla sua mancata
approvazione.
 
ARTICOLO 5
(Monitoraggio dell’attuazione del piano)
1. L’impresa comunica alla struttura per la crisi d’impresa, con cadenza almeno mensile, lo stato di
attuazione del piano, dando evidenza del rispetto dei tempi e delle modalità di attuazione, nonché dei
risultati delle azioni intraprese.
2. La struttura per la crisi d’impresa monitora l’attuazione del piano, avvalendosi dell’Anpal relativamente
alle azioni di cui all’articolo 3, comma 2, lettera a).
3. Qualora dal monitoraggio emerga il mancato rispetto degli impegni assunti e dei tempi e delle modalità di
attuazione del piano, l’impresa che avvia la procedura di licenziamento collettivo ai sensi della legge 23
luglio 1991, n. 223 è tenuta a pagare il contributo di cui all’articolo 2, comma 31, della legge 28 giugno
2012, n. 92 in misura incrementata di dieci volte.
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